Giorgio de Chirico – L’enigma dell’arrivo e del pomeriggio (1911-1912)
(19 luglio 1982 – n° 660)
Vuota, come i miei giorni,
è la cassetta della posta,
se ne sta lì, con la porticina chiusa,
come chiusa è la mano mia
in un gesto di rabbia fuggito via
dopo aver gettato lo sguardo di speranza
ed averlo spento nel caldo della stanza,
smorta vita che mi trascina,
che mi consuma, come consumato
è il nostro amore che si rinnova.
Balthus – (Balthasar Klossowski de Rola) – giovane donna addormentata – 1943
(13 luglio 1982 – n° 659)
Sarai tanti giorni da passare,
momenti di paura e di solitudine
quando attorno nessuno troverai.
Stringerai mani e camminerai,
i tuoi passi saranno labbra da baciare,
fragili legami di amori passeggeri,
parole di amici e persone
che ti seguiranno senza speranza.
Sarai colui a cui mancherai,
tanto affetto, tanto amore,
tutto il mondo,
tutta te stessa.
Sarai il tuo desiderio
ed il desiderio degli altri
da esaudire solo se lo vorrai.
Annuserai fiori
staccherai petali
suonerai dischi
carezzerai capelli
viaggerai strade
dormirai case
sarai te stessa.
Questa estate precocemente arrivata
vedrà passarmi i giorni
con i calzoni corti
ed i sandali ai piedi;
con il sudore sulla pelle,
e gli occhiali da sole;
inzuppato tra la gente
come un biscotto al cioccolato,
e riderà nel vedermi sbandato,
come se fossi rimasto da solo
su un tavolo, a fine colazione,
triste per non essere stato mangiato.
Ed allora me ne andrò
ricalcando i miei passi,
cercando di non inciampare
per la profondità delle impronte;
avrò per svago le lancette di
un orologio che dovrà segnare
un tempo troppo lungo da passare;
come musica i rintocchi
delle campane che sentirò nell’aria,
e respirerò l’odore del mare
facendomi da esso trascinare;
allora arriverà il momento
in cui alzerò lo sguardo al cielo
e vedendoli partire a stormi,
con nel naso l’odore del tempo
che starà per cambiare,
anch’io allargherò le braccia
e volerò via, lontano.
Quattro ore, cinque minuti,
son troppo pochi
e lui implacabile fuggiva,
ci teneva per mano
e ci allontanava dolcemente.
Lo sconfiggevamo con parole
e risa, gesti e sguardi,
ma ora che lui se n’è andato,
mi sento perduto.
Con se, via ti ha portata,
e non so più dove volgere lo sguardo
abituato ormai a guardarti negli occhi,
specchi di un’anima splendida,
vestita di verde
in una serata da sogno,
perché il sogno, in una serata,
diventasse realtà.
Sto ascoltando le voci,
sto guardando gli specchi,
il tramonto questa sera si fa aspettare,
fatale momento che si ripete.
La sera fa sperare e non volare,
apro le braccia che non sono ali,
cerco le penne, ma trovo la pelle,
eppure una volta volavo,
mi staccavo da terra
e me ne andavo lontano.
La sera è già qui
e il tramonto è svanito,
avanza la notte
con il suo grido,
mi guardo alle spalle
e non mi sento finito,
è ora che vivo,
è vero, è giusto, non sono perduto.
Eppure una volta volavo
in queste sere venute,
e me ne andavo
sulle parole cantate
da donne felici d’essere amate,
da donne perdute
nel sole d’estate.
Immerso mi trovo
in questa notte scura,
tra specchi di vetro
e letti di cristallo,
le ali ho perduto
non trovo il mio cavallo,
sulle mie gambe dovrò andarmene
verso il giaciglio senza aspettarlo.
Sorridendo penso che
il giorno è andato,
la sera è svanita,
il tramonto non l’ho visto,
la notte mi avvolge
e privo delle ali
cammino incontro al mio destino.